
 
IL DOLORE: paura, percezione, memoria.
 
 
 
Credo che nessuno possa dire sinceramente di non aver paura del  dolore, tutti temono la sofferenza fisica, anche gli adulti e se c’è  qualcosa che fa più paura a un adulto del proprio dolore,  e’ quello di  un bambino. Se l’adulto, poi, è anche genitore, il dolore del proprio  figlio gli è insopportabile tanto che, in un reparto  come il nostro,   il terrore di dover vedere soffrire il proprio figlio arriva solo un  attimo dopo la paura di perderlo.
 
Quando un bambino prova dolore, piange o urla e la percezione del suo dolore diventa collettiva, perché chi lo “sente “ la fa propria.
Dopo che un bambino ha provato un forte dolore, la memoria  di ciò che ha provato rimane nella sua mente e nel suo corpo, così come  rimane nella memoria di  chi ha assistito, di chi ne è stato il  testimone.
 
Quando  ancora non era praticata la sedazione  profonda durante le manovre  invasive, il dolore e le urla dei bambini si propagavano al di là  dell’ambulatorio fino al corridoio, spaventavano gli altri bambini,  rinnovavano in loro la memoria del proprio dolore, per gli operatori e i  genitori era uno strazio “necessario” ma inaccettabile, per tutti un  dolore “obbligatorio” da sentire, da vedere, da vivere.
 
Finalmente  si vinse la battaglia per la sedazione  profonda e per alcuni bambini,  che avevano provato la sofferenza da manovre invasive, la memoria del  dolore riuscì perfino a mitigare l’azione della sedazione, perché in  loro la paura, la percezione e la memoria del dolore erano più forti.
 
Nessun dolore dovrebbe mai essere né necessario né obbligatorio.
 
Molti  anni fa, mentre una nostra giovane paziente lottava  per un sarcoma  osseo che aveva ormai trasformato le sue ossa in fragili merletti, venne  nel vecchio reparto un tecnico dalla radiologia per farle una lastra,  ma lei urlava perché ogni spostamento le provocava dolore.  Fuori dalla  stanza, nel corridoio, i genitori di altri bambini ricoverati si  torcevano le mani, addolorati e impotenti. D’un tratto la porta si  aprì,  il tecnico uscì con le lacrime agli occhi li guardò e disse ”Io  non torno più a fargliele”. Fu un momento di grande conforto e  sollievo,  perché quel tecnico aveva condiviso con loro l’inutilità di  quel dolore.
 
I tempi, per fortuna, sono cambiati e la cultura del diritto contro la sofferenza inutile si è diffusa e radicata.
 
Quando  una donna partorisce soffre profondamente e, spesso, si chiede come  potrà ripetere questa esperienza per dare alla luce un altro figlio. Di  norma le viene assicurato che quello del parto è l’unico dolore che si  dimentica perché è l’unico che ha una motivazione valida, una  giustificazione, un’utilità, forse un’etica. 
 
Perché il dolore è fortemente immorale, non ha giustificazione. Prima  di ogni intervento, di ogni terapia è necessario un serio programma di  prevenzione atto a contrastare l’insorgenza del dolore che può  provocare. La scienza non può annullare completamente il dolore, magari  ci riuscisse!  ma lo può fronteggiare.
 
La “cura”, per essere veramente tale, deve prevedere il massimo sforzo per fronteggiare il dolore.
 
Il  dolore indebolisce la mente e il desiderio di vita. Che senso ha la  vita, se è solo sofferenza? Se la vita è lo spazio e il tempo in cui  ogni uomo realizza le proprie possibilità, nel dolore che cosa può  realizzare? Se percepisce non solo il dolore, ma l’interruzione delle  proprie possibilità, allora non può ragionevolmente sorgere il dubbio  sul senso di quel vivere? 
 
A  questi interrogativi ognuno risponde in base alla propria cultura, alle  proprie convinzioni, morali o religiose, e al proprio vissuto. Credo  comunque che il punto di convergenza possa essere che ognuno ha il  diritto, anche quando non vi è possibilità alcuna di guarigione, di  trascorrere i giorni della propria vita in uno stato, vigile o meno, che  gli permetta di non chiedersi se ha senso vivere.  
 
Nessun  fine, nessuna motivazione deve far accettare il dolore che è  inaccettabile e va contrastato con qualsiasi mezzo per chiunque, ancor  più per i bambini.
 
 
 
Memoria scritta da Francesca Testoni – Responsabile Assistenza AGEOP- Associazione Genitori Oncoematologia Pediatrica Bologna
pubblicata da AGEOP RICERCA sulla propria pagina Facebook il giorno Martedì 4 dicembre 2012  
                                                  
 
 
 
::::::    Creato il : 04/12/2012 da marsala rossella    ::::::    modificato il : 05/12/2012 da Magarotto Roberto    ::::::
 
 
            
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