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buone notizie per il melanoma ( ASCO Chicago giugno 2012 ) [10/06/2012]

 

     
     
     
     
     
 
ASCO 2012      
 

Melanoma: continuano le buone notizie

L’ex Presidente dell’ASCO, George W. Sledge, aveva definito il congresso 2011 “l’edizione del melanoma”. Ma i dati presentati a Chicago anche quest’anno sulle nuove immunoterapie e sui farmaci a bersaglio molecolare rischiano di far sì che anche il congresso 2012 si ricordi sostanzialmente per i progressi nella terapia del melanoma, la forma più aggressiva di tumore della pelle. Purtroppo ogni anno la malattia colpisce quasi 200.000 persone nel mondo, con 7.000 nuovi casi nel nostro Paese.

A Chicago sono stati presentati diversi studi interessanti.

Intanto, un aggiornamento sulla sopravvivenza complessiva dello studio BRIM-3, trial di fase III sull’utilizzo di vemurafenib, a confronto con la chemioterapia nel trattamento di 675 pazienti con melanoma in stadio avanzato IIIC o IV (abstract #8502^). Vemurafenib, prodotto in Italia, è una piccola molecola da assumere per via orale, indicata per il trattamento di pazienti con melanoma metastatico o non operabile con mutazione di BRAF V600 che si rileva nel 50% dei casi,  non indicata quindi in pazienti wild-type. Si tratta di un’arma rilevante contro il melanoma metastatico, la cui incidenza in Italia è di 1.800 nuovi casi l’anno e non sembra diminuire.  I dati raccolti nella multicentrica (alla quale partecipano anche gli istituti di Michele Maio di Siena, Alessandro Testori, Milano e Paolo Ascierto, Napoli) confermano il beneficio del trattamento con il nuovo farmaco, che ha fatto registrare la più alta sopravvivenza fin qui rilevata in un trial clinico sul melanoma metastatico. Vemurafenib è stato approvato dall'EMA nel febbraio di quest’anno ed è già disponibile in Germania, Regno Unito, Lussemburgo, Svizzera e Stati Uniti, mentre in Italia è in attesa di ottenere la rimborsabilità da parte delle autorità regolatorie.

I dati di un ulteriore studio di Fase III hanno dimostrato che un altro farmaco orale, trametinib, ritarda la crescita tumorale ed aumenta la sopravvivenza di pazienti con melanoma avanzato, che comunque presentino la mutazione BRAF, rispetto alla chemioterapia standard (dacarbazina o paclitaxel) (Abstract #LBA8509).
Per la prima volta uno studio di Fase III ha valutato una terapia del melanoma che inibisce la proteina nota come MEK, parte della via MAP-chinasi (proteina attivata da mitogeni), della quale anche BRAF è un componente. Secondo Caroline Robert (Institute Gustave Roussy, Parigi), questi risultati dimostrano che anche la via molecolare MEK è una strategia percorribile per curare chi soffre di questa malattia, per cui trametinib si candida autorevolmente come opzione per la terapia di prima linea nei pazienti con melanoma avanzato.

Nello studio METRIC il 22% dei pazienti che ha ricevuto trametinib ha risposto al trattamento, contro l’8% di chi riceveva la chemio standard. L’intervallo libero da malattia mediano è stato di 4,8 mesi nel gruppo trametinib, contro gli 1,5 mesi del gruppo di controllo, con una differenza significativa e una riduzione del 55% del rischio di progressione. L’81% dei pazienti trattai con trametinib era vivo al follow-up a sei mesi, contro il 67% dell’altro braccio. Ma circa la metà dei pazienti nel gruppo di controllo (il 47%) che avevano manifestato una progressione di malattia mentre facevano la chemio erano stati poi autorizzati ad assumere trametinib, per cui il vantaggio in termini di sopravvivenza complessiva potrebbe esser maggiore, tenendo conto dell’effetto cross-over.

Secondo lo studio multicentrico di Fase III BREAK-3 (Abstract #LBA8500), un’altra nuova molecola, ildabrafenib, riduce il rischio di progressione del 70% rispetto alla chemioterapia standard con dacarbazina in pazienti non trattati in precedenza affetti da melanoma avanzato con mutazione BRAF. Dopo ipilimumab e vemurafenib, approvati l’anno scorso dall’FDA, ecco profilarsi dunque ulteriori novità all’orizzonte della clinica.

Come vemurafenib, anche il dabrafenib viene assunto oralmente ed agisce inibendo BRAF, una proteina alterata che induce la crescita del melanoma metastatico. Il BREAK-3 ha randomizzato 187 pazienti inoperabili allo stadio III o IV a dabrafenib, e 63 pazienti al braccio con dacarbazina. Il 50% dei pazienti nel gruppo dabrafenib ha risposto alla terapia, contro il 6% dell’altro braccio. La PFS mediana stimata è stata significativamente più lunga per il gruppo dabrafenib: 5,1 mesi contro 2,7. I dati di sopravvivenza complessiva non sono ancora maturi, anche se non sarà facile stabilirli, dato che è stato permesso ai pazienti che andavano in progressione facendo la chemio di passare al nuovo farmaco.

Fonte: 

Paul B. Chapman et al.Updated overall survival (OS) results for BRIM-3, a phase III randomized, open-label, multicenter trial comparing BRAF inhibitor vemurafenib (vem) with dacarbazine (DTIC) in previously untreated patients with BRAFV600E-mutated melanoma. J Clin Oncol 30, 2012 (suppl. Abstract 8502)

Robert C.,et al. METRIC phase III study: Efficacy of trametinib (T), a potent and selective MEK inhibitor (MEKi), in progression-free survival (PFS) and overall survival (OS), compared with chemotherapy (C) in patients (pts) with BRAFV600E/K mutant advanced or metastatic melanoma (MM). J Clin Oncol 30, 2012 (suppl. Abstract  LBA8509)

 

Hauschild A., et al. Phase III, randomized, open-label, multicenter trial (BREAK-3) comparing the BRAF kinase inhibitor dabrafenib (GSK2118436) with dacarbazine (DTIC) in patients with BRAFV600E-mutated melanoma. J Clin Oncol 30, 2012 (supplAbstract LBA8500

 


::::::    Creato il : 10/06/2012 da Magarotto Roberto    ::::::    modificato il : 10/06/2012 da Magarotto Roberto    ::::::